giovedì 30 luglio 2015

Kobra, un brasiliano a Roma

Ed eccomi di nuovo in Brasile, dopo una vacanza di 40 giorni in Italia che mi è servita a ricaricare le pile. Prima di partire avevo un pò curiosato su Internet nel panorama della street art, ed ho scoperto che uno dei graffitari brasiliani maggiormente riconosciuti a livello mondiale, Eduardo Kobra, aveva fatto tappa a Roma nel 2014 per lasciare il suo segno sulla facciata del MAAM (Museo dell'Altro e dell'Altrove Metropoliz). Mi ero ripromessa quindi di approfittare delle vacanze romane per vedere qualcosa di brasiliano in casa. Ma prima ancora sono andata a fare qualche scatto ad un murale realizzato dallo stesso Kobra sul palazzo della Caixa Economica Federal qui a Brasilia. 
Si tratta di un murale alto 29 metri e largo più di 7, che rende omaggio ai lavoratori che arrivarono da varie parti del Paese per aiutare nella costruzione della nuova capitale (candangos). Qui si vedono le due caratteristiche principali dello stile di Kobra, cioè le dimensioni gigantesche e l'esplosione di colori, che in questo caso fa da sfondo al candango e alla cattedrale di Brasilia, in bianco e nero. La grandezza di quest'opera si perde nell'immensità del cielo brasiliense.
Una volta varcato l'oceano, ho potuto invece ammirare Peace, il ritratto realizzato da Kobra di Malala Yousafzai, la giovane pakistana Nobel per la pace che si batte per il diritto all'istruzione delle donne (la storia di Malala è raccontata a grandi linee sul sito della fondazione da lei creata http://www.malala.org/, ma chi voglia approfondire può leggere anche il suo libro "Io sono Malala", del 2013).
E credo che non potesse esserci ritratto più azzeccato, dato il luogo. E il titolo, Pace (ripetuto con i simboli delle diverse religioni accanto al volto serio di Malala), lo è anche di più. Perché il Museo dell'Altro e dell'Altrove nasce dall'intenzione di rendere difficile lo sgombro dell'ex fabbrica Fiorucci, occupata dal 2012 da circa 200 persone, e denominata Metropoliz. In questo luogo che è altro e altrove, e nello stesso tempo fa parte della nostra realtà (quella che si cerca di non guardare) ed è qui, dietro l'angolo, ci sono italiani, peruviani, rom e persone di altre etnie, che combattono per un altro diritto elementare, quello alla casa. E lo fanno convivendo pacificamente, in una realtà autogestita dove si riuniscono settimanalmente per discutere di come risolvere i problemi. Ovviamente non si tratta di una bella utopia realizzata alle porte di casa nostra, ma di un esperimento sociale che nonostante le molte problematiche a mio parere resta molto interessante. Dentro questa realtà sui generis, l'antropologo Giorgio de Finis ha pensato di invitare degli artisti le cui opere si inseriscono in un contesto assolutamente fuori dal comune. E' un museo vivo, il MAAM, vivo e sofferente, che stravolge qualsiasi canone estetico. La decadenza, l'abbandono in cui si trova l'ex fabbrica, diventano parte integrante delle opere d'arte, danno loro un valore aggiunto.
Il ritratto di Malala si trova sulla facciata esterna del Museo, in un punto in cui via Prenestina è molto stretta. Di fronte, la fermata dell'autobus ed il viavai delle macchine. Probabilmente pochi si fermano a guardare la facciata del museo, figuriamoci se si azzardano ad entrare.
Peccato, perché l'opera di Kobra merita (e il Museo anche), con i colori che si accostano l'uno all'altro senza mischiarsi, ma che danno una grande bellezza all'insieme, proprio come il simbolo della pace nelle diverse religioni, e con quegli occhi che sfuggono alla logica del colore che li circonda, e ti frugano l'anima.
Grazie ad un artista brasiliano ho visto un pezzo della mia città che non credo avrei visitato altrimenti. L'altro e l'altrove, in un modo o nell'altro, hanno sempre qualcosa da insegnare. Basta tenere gli occhi aperti.