mercoledì 26 agosto 2015

Il rospetto nel deserto verde

Fonte: g1.globo.com
Sembrerebbe il titolo di una favola per bambini, e chissà, con un poco di immaginazione potrebbe anche diventarla, tranne che per il lieto fine, cosa che mi sembra alquanto improbabile. 
Ma andiamo con ordine. C'era una volta, e nessuno lo sapeva, un piccolo rospo che viveva nella Serra Quiriri, al confine fra gli Stati brasiliani di Santa Catarina e Paranà. C'era, ma nessuno lo sapeva, finché, proprio in questo mese di agosto del 2015, un gruppo di ricercatori dell'Istituto Mater Natura ne ha divulgato l'esistenza su un periodico scientifico in lingua inglese. Questa nuova specie di rospo, grande appena 1 cm, è stata battezzata dagli studiosi Brachycephalus quiriniensis.
Appena nato, almeno nella consapevolezza di noi esseri umani, il prode rospetto si trova già in un mare, o meglio in una foresta, di guai. Perché nell'area montuosa in cui vive (fra 800 e 1200 m di altitudine) l'uomo, il cattivo, sta progressivamente sostituendo alla foresta nativa il pino. Ma che cavolo è questo albero? Si domanda lui, il protagonista della nostra storia, non avendolo mai visto prima. E, spaventato, si chiede ancora: perché dove c'è il pino non crescono più piante del sottobosco, e il terreno è così arido? Dov'è la mia acqua? Completamente in balia dei cattivi che idolatrano un dio a lui sconosciuto, il denaro, il rospetto non sa che la sua casa si sta trasformando in quello che gli ambientalisti chiamano "deserto verde". Con questa espressione, coniata proprio in Brasile alla fine degli anni Sessanta, sono state definite le monocolture non native (diffusissime quelle di eucalipto e di pino),che vengono piantate allo scopo di produrre materiale da commercializzare.
Fonte: ecodebate.com.br
Il deserto verde si sta diffondendo in tutto il Brasile, dove si assiste ad una drammatica distruzione della foresta. Normalmente si parla tanto (e a ragione) della deforestazione dell'Amazzonia, ma in realtà lo stesso problema appartiene anche alle altre foreste del Paese (da ricordare che il Brasile, date le sue dimensioni, ospita molti ecosistemi diversi). Dopo la distruzione, i terreni vengono impiegati a fini agricoli, come pascoli e, appunto, per riforestare con piante utili all'industria (del legname, del carbone vegetale o della carta). Dietro quindi ad un apparente impiego virtuoso dei terreni deforestati, in realtà si nasconde un deserto, normalmente di pini e di eucalipti, cioè di monocolture che impoveriscono la biodiversità del territorio e provocano la desertificazione. Senza contare che normalmente queste monocolture vengono accompagnate da un massiccio impiego di agrotossici, che non fanno che peggiorare le condizioni sia per le altre specie vegetali e animali sia per l'agricoltura.
La nostra favola sembra quindi concludersi nel peggiore dei modi. Uno studio presentato dal Ministero dell'Ambiente brasiliano nel dicembre 2014 evidenzia che il numero di animali minacciati di estinzione nel Paese è aumentato del 75% fra il 2003 ed il 2014. Oltre alle specie considerate, fra l'altro, non rientrano nella stima molte minacciate che non sono state inserite nel suddetto studio in quanto non ancora conosciute e classificate dai ricercatori (fonte: http://www.ecodebate.com.br). E proprio in questa fattispecie rientra nella storia saltellando il nostro povero rospetto, che secondo i ricercatori sarebbe già a rischio di estinzione poiché molto sensibile alle mutazioni climatiche e alle alterazioni provocate dall'uomo e per vivere ha bisogno di un clima freddo e umido. Il finale, insomma, non è ancora stato scritto, ma questa non è una favola, e nella realtà, si sa, i cattivi (quasi sempre) vincono.

Per approfondimenti sul tema del deserto verde:
http://it.globalvoicesonline.org
http://www.escravonempensar.org.br

venerdì 21 agosto 2015

Brrrrrrrrrrrrrrr.....che freddo!

Siamo in pieno inverno brasiliano, e anche qui a Brasilia si sente la differenza di temperatura. Non è certo la differenza fra estate e inverno che conosciamo in Europa: nelle ore più calde la temperatura arriva tranquillamente a 30 gradi, ma la mattina presto e la sera si sente il bisogno di mettere un giacchettino.
Il Distretto Federale si trova nel centro ovest del Brasile, contraddistinto da un clima tropicale, dove cioè la temperatura difficilmente scende sotto i 10 gradi. Ma quello tropicale è solo uno dei climi che si trovano in questo Paese delle dimensioni di un continente. C'è poi il clima equatoriale (Nord e parte del Nordest) e quello semi-arido dell'interno del Nordest, dove la temperatura media annuale è di 25 - 27 gradi. E poi ci sono il clima tropicale di altitudine (tipico di parte dello Stato di S. Paolo, del Minas Gerais e delle regioni montuose di Rio de Janeiro e Espirito Santo) e quello tropicale atlantico. Ma la parte del Brasile sconosciuta ai più, quella cioè dei tre Stati a sud (Paranà, Santa Catarina e Rio Grande do Sul), dove il clima è subtropicale, ha temperature medie che difficilmente superano i 20 gradi.

Prima di avere la "fortuna" di vivere a Curitiba (capitale del Paranà) per quasi tre anni, anch'io ignoravo l'esistenza di un clima brasiliano freddo. Convinta di partire per un posto dove si potesse girare in ciabatte tutto l'anno, mi sono dovuta ricredere. Il primo inverno passato nella capitale paranaense dovevo mettere una coperta sulle gambe mentre lavoravo, perché non solo la temperatura era ben più bassa di quanto potessi immaginare, ma i brasiliani locali ritengono inutile il riscaldamento, per cui praticamente nessuna casa o ufficio o scuola ne sono dotati. Motivo? Perché vivono, dicono loro, in un Paese tropicale (il che mi fa pensare che l'ignoranza non sia solo mia). Mentre vivevo lì ho anche visto uno slogan di una casa di moda che per pubblicizzare vestiti invernali recitava, più o meno: "quanti sono quelli che vivono in un Paese tropicale e possono permettersi di vestire capi invernali?"...che culo, eh?
Curitiba, 8 del mattino di un giorno di luglio 2011
E' vero che da quelle parti non fa freddo tutto il giorno, e non per tanti giorni di seguito, ma le temperature vicino a 0 gradi fanno decisamente ambire a dei caldi, caldissimi termosifoni (per non parlare dell'umidità, che è una delle maggiori caratteristiche del clima curitibano). Al freddo dell'inverno sembra si sia adeguata fra l'altro anche la personalità degli abitanti di Curitiba, famosi in tutto il Brasile per essere scostanti ed antipatici!!!

Gramado, Rio Grande do Sul
Comunque, in generale, negli Stati del Sud del Brasile la temperatura può anche scendere sotto 0 gradi, e ci sono posti in cui nevica regolarmente.
Gramado, una città nel Rio Grande do Sul, è una famosa meta turistica proprio in quanto "specializzata" in tutto quello che caratterizza le località fredde: vi si producono cioccolato e maglioni di lana, c'è un grande parco sciistico al coperto, e il Natale si festeggia con un famoso festival, il Natal luz. E anche l'architettura fa sembrare di essere in Nord Europa.

venerdì 14 agosto 2015

Papà detenuti, festeggiare humanum est...

Ieri scambiavo due chiacchiere con un tizio, e un elicottero ha sorvolato le nostre teste. Il commento del mio interlocutore suonava più o meno come il nostro "io butterei via la chiave, altro che libera uscita". Gli ho chiesto allora di cosa stesse parlando, e mi ha spiegato che l'elicottero cercava un detenuto a cui era stato concesso un giorno di libertà per buona condotta in occasione del dia dos pais, cioè la festa del papà, commemorata dai brasiliani domenica scorsa. Il detenuto ha beneficiato di quello che qui è popolarmente conosciuto come saidao (letteralmente, uscitona), concesso in giorni di festa particolari al fine di facilitare la risocializzazione attraverso il convivio familiare e cercando di stimolare il senso di responsabilità e disciplina dei reclusi. Alla faccia di responsabilità e disciplina, il nostro ha pensato bene di approfittarne per scappare. E la sua non è una fuga isolata, visto che in ognuna di queste occasioni i detenuti che non fanno ritorno si contano a centinaia in tutto il Paese.
Ma c'è chi ha fatto di peggio, e chi molto peggio. Un altro detenuto ha infatti usato i suoi giorni di libertà per partecipare ad una rapina, ma è stato subito riacciuffato dalla polizia (fonte: http://jornalaguaslindas.com.br). Ed ecco il molto peggio: a San Paolo un ventunenne in libera uscita, ha addirittura violentato una signora di 72 anni (!!!) che faceva la sua passeggiata quotidiana (fonte: http://noticias.r7.com).

Fonte: g1.globo.com
Sempre nel carcere della Papuda, non molto lontano da dove abito io, nove detenuti sono sì rientrati ordinatamente dopo il permesso, ma sono stati beccati con 190 dosi fra erba, crack, cocaina e roupinol (un potente sonnifero), dentro lo stomaco. A quanto pare l'idea era quella di spacciare la droga dentro il carcere stesso.
I nove sono stati "liberati" del loro carico in ospedale, per poi tornare dietro le sbarre. (fonte: http://www.correiobraziliense.com.br).

Giusto per chiarire, il permesso di uscire per qualche giorno in occasione di determinate festività, è concesso solo a quei detenuti che stanno scontando la pena in regime aperto o semi-aperto e che hanno avuto un comportamento ligio, e solo per un certo numero di giorni, da concordare con il giudice.
A causa di questi permessi, in occasione delle festività sale l'allerta per i cittadini, a cui viene richiesto di prestare particolare attenzione al momento di entrare o uscire dalla macchina, o di far ritorno a casa.
Fonte: folhadedourados.com.br
L'intenzione che c'è dietro a questo tipo di uscite mi sembra lodevole. Ma, visti i risultati, la reazione dell'opinione pubblica è scontata: chi sbaglia paga, e non deve essergli data la possibilità di commettere altri crimini, anche e soprattutto mentre ancora non ha finito di scontare la pena per quel che ha fatto. E come pensare altrimenti? Si può vivere in una società in cui un'anziana che esce a fare una passeggiata deve subire una violenza sessuale perché uno è uscito un attimo di prigione ed ha urgenza? Certo che no.
Ma fermo restando che finché la situazione resta questa non dovrebbe essere permesso ad un delinquente di commettere un nuovo crimine così facilmente, vorrei fare un paio di osservazioni.
Prima di tutto, l'enorme diseguaglianza sociale che c'è alla base della società brasiliana non favorisce di certo la mancanza di crimini. Provate solo per un momento a mettervi nei panni di un povero che cresce ai margini di una metropoli brasiliana, circondato dallo squallore, la violenza come pane quotidiano e la mancanza di qualsiasi prospettiva di miglioramento (se non attraverso la delinquenza). Ovvio, ci sono tanti brasiliani poveri che vivono onestamente e cercano di migliorare la propria vita e quella dei propri figli. Ma, concedetemelo, in una situazione del genere l'inclinazione ad essere dei rispettabili cittadini non è certo incentivata. I ricchi normalmente si barricano nel proprio condominio chiuso, risolvendo il (proprio) problema sicurezza solo in parte, e chiedendo, per il resto, un inasprimento delle pene. Ma dove può portare il mantenimento in uno stato di degrado ed inferiorità della maggior parte della popolazione? Sarà che a lungo termine non si debba pensare a una strategia che diminuisca la disuguaglianza?
E ancora: le carceri brasiliane sono a quanto ne so io dei veri e propri lager. Le condizioni di vita dei detenuti sono disumane. Il numero di persone supera di gran lunga la capacità di accoglienza. E la violenza, che già fuori dal carcere è altissima, lì diventa necessaria e urgente (durante le frequenti rivolte carcerarie, non è raro che si verifichino decapitazioni, per esempio). Ho sentito dire che è sufficiente pagare un poliziotto per far fuori qualche ospite delle prigioni brasiliane. Tutto questo aiuta molto poco a reinserire i detenuti nella società. Credo che vivere una vita senza valore, aiuti ben poco a rispettare quella degli altri.
In conclusione, credo sia umano dare la possibilità ai detenuti di vedere che c'è una possibilità di vivere una vita normale, anzi doveroso. Ma perseverare nel mantenere una situazione esplosiva fuori e dentro il carcere, da parte delle autorità, è diabolico, tanto più se nel frattempo si mette in pericolo l'incolumità degli altri cittadini.