martedì 30 dicembre 2014

La chiave

Non mi piacciono le generalizzazioni, e sono consapevole del fatto che l'Italia non è la Svizzera: anche da noi le cose non funzionano granché bene. Penso sempre che la sensazione del tedesco che va in Italia sia la stessa di quella che proviamo noi in Brasile. Qui il pressappochismo sembra essere proprio  la regola, e giuro che se ci vivi questa cosa ti stressa: se hai bisogno di qualsiasi servizio, stai sicuro che chi lo esegue dovrà tornare da te (o tu da lui) almeno (se sei fortunato) due volte. E poi, per far onore al proverbio, non c'è due senza tre.

E così ieri, dimentica delle esperienze passate e fiduciosa nelle capacità altrui, ho portato le chiavi di casa a duplicare. Chiavi di casa e del cancello. Voglio puntualizzare che non sono andata in un negozio che offriva diversi servizi: no, il tipo era proprio specializzato, nella vita non fa che duplicare chiavi. Bene, chiavi furono, il servizio non era granché economico, ma la professionalità, si sa, va pagata.

Torno a casa, e per scrupolo provo le chiavi duplicate che, ovviamente, non funzionano. O meglio, una sì, l'altra no. Il cancello non si apre. Potevo tornare subito a cambiarle, ma era quasi ora di cena e pioveva a dirotto (eh sì, qui siamo nella stagione delle piogge, quelle tropicali che se metti il nasino fuori ti sei già bagnato tutto). Dai, non importa, fai un respiro profondo, lo sai che qui funziona così, domani risolvi.
Domani era oggi, e sono tornata, chiave originale in una mano, duplicato non funzionante nell'altra. Il tipo le riprende entrambe, le confronta, e comincia a lavorare di lima sul duplicato. Ecco, ora è a posto. Torno a casa, riprovo il duplicato ma niente, continua ad avere una vita parallela rispetto al mio cancello, entra nella serratura ma non gira. Mi innervosisco, lo ammetto. Uno che fa quello di mestiere, SOLO quello, non ci riesce non una, ma due volte.
Racconto l'episodio, tanto per sfogarmi, alla signora brasiliana che mi aiuta in casa. E lei mi suggerisce di chiamare il "chiavaro" e di pretendere che venga il prima possibile a sistemare questa faccenda. Giusto, non ci avevo pensato: sarà che sono di Roma, e supporre che uno che duplica le chiavi venga a casa tua sembra proprio fantascienza. Chiamo e il tipo mi assicura che per le 13.30 manderà qualcuno. Ora di pranzo, ovvio, perché un brasiliano ti dà appuntamento novanta volte su cento all'ora di pranzo o subito dopo. Va bene, tanto poi chissà se si presenta. E infatti, alle 14 richiamo per sapere a che punto è, e il tipo sembra non ricordarsi neanche di cosa stiamo parlando. "Devo partire, è un'emergenza, al lupo al lupo", mi trovo costretta a dichiarare, e minaccio velatamente ritorsioni se non si presenta entro 5 minuti. Di fronte all'atteggiamento aggressivo, prontamente l'uomo delle chiavi si presenta con attrezzi di alta precisione: lima e martello. Una limata qua, una martellata là (???), alla fine HABEMUS CHIAVE. Che fatica.

Questo piccolo, insignificante aneddoto, mi ha fatto pensare alla chiave per ottenere quello che ti serve in Brasile. Qui sembrano percorribili solo due strade: 1. assumi un atteggiamento di vita molto rilassato (tipo non ho bisogno di niente, OHM, posso fare a meno di tutto, OHM, etc. etc.); 2. diventi uno stronzo, uno che chiede sempre le cose a muso duro così da ottenere (almeno qualche volta) quello che vuoi.
Il mio problema è che non riesco proprio ad essere né l'uno né l'altro. Ma posso migliorare, lo giuro.

lunedì 29 dicembre 2014

Il sale della Terra, omaggio a Salgado

Poco tempo fa avevo visto qui a Brasilia Genesis, la mostra che il fotografo brasiliano Sebastiao Salgado sta portando in giro per il mondo e che è passata già in Italia lo scorso anno. Subito dopo ho scoperto che stava per uscire il nuovo film di Wim Wenders, Il sale della terra, pellicola che racconta la vita e l'opera proprio di questo straordinario fotografo. Neanche a dirlo, sono andata a vedere anche il film.
Con Genesis, Salgado ha voluto mostrare quella parte del nostro pianeta che appare ancora come all'origine dei tempi (da cui il nome), e il suo occhio, ancora una volta, ha permesso a chiunque voglia guardare le sue foto di vedere le luci e le ombre di quella parte del pianeta fuori dal mondo (quello occidentale). Bellissima, la mostra. Per coincidenza, ho visto anche lui, Sebastiao Salgado, mentre ero fuori ad aspettare. Non ho mai chiesto un autografo in vita mia, e in generale mi sento estranea all'attrazione che suscitano i "divi". Ma se avessi visto prima Il sale della terra, probabilmente sarei andata a stringergli la mano, solo per la consapevolezza di essere in presenza di un essere umano, oltre che di un artista, straordinario.
Wenders ha illustrato la vita di Sebastiao Salgado in modo coinvolgente, facendo parlare lui in prima persona, lui e le sue foto. Credo che si sia accorto ed ha mostrato benissimo quello che c'è di diverso nelle foto di Salgado: quelle immagini lui è andato a cercarsele, a volte davvero in capo al mondo, le sofferenze impresse sulla carta le ha condivise, quelle vite lo hanno coinvolto enormemente, e lui ha riversato l'emozione che sentiva nella fotografia, e ce l'ha offerta. Le sue sono immagini statiche che non hanno nulla di statico, sono vive, trasmettono la voglia di capire, di condividere, in ogni caso di non restare indifferente. I suoi ritratti ti frugano nella coscienza, l'immensità dei suoi cieli ti ingoia, ogni particolare catturato mostra una partecipazione emotiva che ti lascia senza fiato.

Mentre guardavo Il sale della terra mi sono commossa, ho sorriso, ho sentito che c'era qualcosa che scuoteva le coscienze. Bello l'accostamento fra le foto in bianco e nero di Salgado e le altre immagini a colori che compongono il film documentario. Bella la colonna sonora. Un film che vale la pena di essere guardato per conoscere la vita e le opere di uno degli artisti senz'altro più incredibili di questa epoca.
Ogni tanto il Brasile tira fuori dal cilindro un personaggio che lascia il segno nella storia. 

venerdì 12 dicembre 2014

Il mezzo che fa la differenza


In Brasile è molto comune sentire la parola "meia" per indicare il numero 6, cosa che per uno straniero alle prime armi con il portoghese suona davvero strano.
Meia, in generale, significa metà. Ma perché allora è passato ad indicare il numero sei? Il portoghese, fra l'altro, non è orfano del numero sei, che si dice banalmente seis, ma i brasiliani lo usano per lo più per contare (6 matite, 6 bambini, etc.), mentre nella lingua quotidiana praticamente tutti usano l'espressione meia nel caso in cui debbano dire ad esempio un numero telefonico o il numero civico.
 
Pare che l'origine di tale uso derivi dalle precarie comunicazioni telefoniche all'inizio del secolo XX. A causa delle pessime condizioni delle linee, era molto comune confondere il numero TRÊS com SEIS. Per non confondersi è stata dunque adottata la parola meia (abbreviazione di meia dúzia, cioè mezza dozzina) in sostituzione del sei.
 
Esiste anche l'espressione "trocar seis por meia dúzia", per dire che non è cambiato nulla.
 
La parola meia, giusto per completezza di informazioni, significa anche calzini.

martedì 9 dicembre 2014

Brasile: record di cesarei

A proposito di aspetti poco noti del Brasile, è questo il paese che vanta il record mondiale di parti cesarei. Il 52% dei bambini brasiliani nasce infatti con un parto cesareo, ma si arriva all’83% se si considera il solo settore privato (è appena il caso di ricordare che sono per lo più i poveri a ricorrere alla sanità pubblica).
Per esperienza personale ho prestato attenzione a questo particolare aspetto della società, e mi ha colpito da sempre il fatto che parlando con le donne brasiliane sembra che preferiscano programmare un cesareo piuttosto che affrontare un parto naturale. Qui il cesareo si usa in maniera pressoché sistematica per evitare di soffrire. Si  prenota una stanza, un dottore, si stabilisce una parcella, e via, pronti a festeggiare il lieto evento.

Ma perché andare sotto i ferri anche quando non è necessario?
Pare che i medici brasiliani, lungi dall'informare le proprie pazienti sui rischi legati al cesareo, lo consiglino. I motivi sono diversi: come si può immaginare, c'è innazitutto un motivo economico.
Il medico che assiste al parto ha diritto a percepire la propria parcella solo nel caso in cui sia presente nella sala al momento del parto. E considerato che un professionista riceve la stessa remunerazione per il parto naturale e per il cesareo, ma che per assistere al secondo si "perdono" circa 3 ore, mentre un travaglio, si sa, può durare anche molto di più, si fa presto a fare i conti. Non solo: il medico che assiste un parto programmato non ha problemi con gli altri suoi impegni, professionali e non.  
Inoltre i ginecologi, con un cesareo programmato, rischiano meno dal punto di vista delle possibili conseguenze giudiziarie in caso di complicazioni. 
Se a ciò si aggiunge la mancanza di garanzia riguardo alla disponibilità di anestesisti in qualsiasi momento e per qualsiasi quantità di partorienti, chiaro che questo disincentiva sia i medici sia le future mamme (non è difficile convincere una donna che non soffrire è meglio che soffrire).

Ma non è tutto: pare anche che in Brasile il cesareo sia "offerto in un unico pacchetto" insieme alla sterilizzazione. A me sembrava fantascienza, ma ho conosciuto direttamente o indirettamente diverse brasiliane che hanno chiesto di essere sterilizzate al momento del parto, molte anche in giovane età (dato che tante donne sono già diventate mamme molte volte prima dei 30 anni). 

Ma a dimostrazione del fatto che il Brasile è un paese dalle mille contraddizioni, qui esiste anche un movimento per l'umanizzazione del parto, un parto, cioè, il più naturale possibile, senza alcun intervento medico (a meno che non sia necessario). Una delle principali voci di questo movimento è  Ana Cristina Duarte, una ostetrica che si batte per il parto umanizzato e perché le partorienti non subiscano alcun tipo di violenza. 
Nel 2013 è anche uscito nelle sale cinematografiche brasiliane un film documentario dedicato a questo argomento, intitolato "O renascimento do parto", disponibile su Internet per chi volesse approfondire e conoscesse il portoghese.

mercoledì 26 novembre 2014

Il sedere delle brasiliane fra mito e realtá

Uno dei motivi per cui le brasiliane sono famose nel mondo, é inutile negarlo, é il fondoschiena. Bumbum, lo chiamano qui affettuosamente. Ma finché non ho vissuto in Brasile, non capivo bene il perché. Ora lo so: il loro sedere é diverso.

 
Ma cosa c'é di diverso? Innanzitutto hanno un modello che non é quello europeo. 
La prima cosa che chiede una donna che va in palestra in Italia é di ridurre il lato b. Sodo sí, ma piccolo. Invece una brasiliana che si allena per migliorare il suo bumbum lo vuole grosso, ipertrofico. Alto, sodo e grosso. Non so se questa differenza "culturale" dipende dall'ereditá africana, ma é un fatto che qui capita di vedere dei sederi cosí alti che potresti usarli come comodini! E non sono alti solo quelli delle donne magre, ma anche quelli giganti, che ti chiedi come facciano a stare arrampicati lassú.

In secondo luogo, le brasiliane fanno di tutto per mettere in mostra il loro bumbum (non solo quello, a dirla tutta, ma sicuramente é l'elemento di punta del loro kit). Avete presente quelle che mettono una maglia legata in vita perché si vergognano del proprio sedere? Ecco, qui non ne ho mai viste. Le brasiliane usano quasi esclusivamente pantaloni attillati, e si guardano bene dall'indossare magliette lunghe, coprenti.

In Brasile poi questo aspetto riveste un'importanza incredibile. Basti pensare che spesso i manichini, anziché essere rivolti di faccia, mostrano il didietro, un didietro piú grande naturalmente, alla faccia dei nostri manichini anoressici!

Una volta mi sono imbattuta in una trasmissione televisiva tutta dedicata al fondoschiena. Si parlava di come allenarsi per averne uno all'altezza (é proprio il caso di dirlo) del modello brasiliano, si facevano tanti commenti e doppi sensi, ma soprattutto mi ha colpito un gioco che hanno fatto: c'erano tre signore girate di schiena e di cui si lasciava scoperto solo il sedere. Il gioco consisteva nell'indovinare quale dei tre fosse naturale, quale ritoccato chirurgicamente e quale aiutato da un push up (sí, perché qui vendono delle mutande che alzano il bumbum, tipo il noto push up per il seno).

Ma dove davvero sono rimasta senza parole, é quando ho scoperto che qui si svolge ogni anno a San Paolo il concorso per eleggere "Miss bumbum"...vedere per credere! L'ultimo concorso si é svolto proprio la scorsa settimana, quando é stata eletta Indianara Carvalho, una ventiduenne tutta curve che nei giorni successivi alla vittoria ha dichiarato di voler ricostruire chirurgicamente la sua verginitá...come dire, una ragazza d'altri tempi! L'evento ha anche un sito e una pagina facebook.
Candidate a Miss bumbum
Solo un'ultima osservazione: il Brasile vanta un primato a livello mondiale per quanto riguarda la chirurgia estetica al fondoschiena. E non si tratta solo di rassodare, bensí di un vero e proprio impianto di silicone nei glutei...Come dire, dove non arriva madre natura, c'é sempre la soluzione:

martedì 25 novembre 2014

Natale in Italia

Ecco, ci siamo. Finalmente venerdí parto e me ne vado un mesetto in Italia, passo il Natale lí e poi torno. Non é molto che manco, ma credo di averne proprio bisogno, se l'altro giorno mentre ero al supermercato ho sentito in filodiffusione una canzone di Ramazzotti e mi é venuto un groppo in gola. La canzone faceva cagare, fra l'altro. Ma era in italiano. E fa un certo effetto sentire la tua lingua mentre ti destreggi fra un mamão e un abacaxi (ananas).
 
Prenderó il solito volo TAP, l'unico che mi porta a Roma con un solo scalo (a Lisbona). In realtá anche l'Air France ha inaugurato un volo diretto Brasilia - Parigi, ma i costi sono abbastanza proibitivi e la frequenza solo tre volte a settimana. E cosí mi spareró per l'ennesima volta un viaggio di 24 ore, se si conta il tempo da casa qui a casa lí. E per giunta da sola con i miei due marmocchi scatenati.                        

 

La valigia, ovviamente, non é ancora pronta, ma ho la lista delle cose necessarie, e tanto basta. Dovró portare vestiti pesanti, giacche, etc. 
Forse l'unica cosa che mi mancherá di Brasilia sará il caldo, che c'é piú o meno tutto l'anno (ma anche un clima sempre uguale, parliamoci chiaro, é una noia).


Dell'Italia invece mi mancano troppe cose, non riesco proprio a pensare di vivere qui per sempre. Mi manca la mia famiglia e gli amici, ovvio, ma non solo. Mi manca la possibilitá di fare una passeggiata in centro, arrivare a piedi piú o meno ovunque, sentir parlare la mia lingua e, inutile negarlo, il cibo italiano. 
E poi, a dirla tutta, il Natale qui é troppo strano. Pure se ti propongono Babbo Natale e le renne resta poco credibile in un paese tropicale.


domenica 23 novembre 2014

10 cose che non tutti sanno del Brasile

A proposito di luoghi comuni da sfatare, ecco le cose che potrebbero sorprendere chi non ha mai vissuto in Brasile:
  1. in Brasile nevica. Ebbene sí, pur essendo un paese tropicale, esiste una parte del Brasile, il sud, in cui non é raro veder nevicare durante l'inverno. Si tratta degli stati del sud, ma é successo di vedere la neve cadere anche piú a nord, tipo a San Paolo o Rio de Janeiro.
  2. Piú della metá dei brasiliani é in sovrappeso. É vero che la stessa tendenza all'aumento di peso si registra in Italia e nel resto del mondo, ma é curioso vedersi intorno tante persone grasse in un Paese che nell'immaginario collettivo é fatto di donne e uomini con un fisico da urlo. Il Brasile risulta invece sopra la media mondiale per quantitá di persone in sovrappeso. E vedendo cosa mangiano non c'é da stupirsi...
  3. I brasiliani iniziano normalmente a lavorare alle 8 di mattina. E ci sono anche molti che prima di iniziare la giornata lavorativa vanno in palestra o in piscina o fanno una corsetta. L'efficienza sul lavoro, peró, é un'altra cosa.
  4. A parte la manodopera e il riso e fagioli, tutto in Brasile costa caro. É vero che il costo della vita varia molto a seconda delle cittá, ma in media tutto quello che non é strettamente necessario alla sopravvivenza si paga di piú che in Italia (e in particolare la tecnologia).
  5. Nessuno in Brasile fa il riposino dopo pranzo. Anzi, é un'abitudine talmente strana per loro, che é normale che nelle prime ore del pomeriggio facciano i lavori piú rumorosi  o mettano la musica a tutto volume, o che si presentino a casa tua per i piú diversi motivi.
  6. La maggior parte dei bambini brasiliani va a scuola di pomeriggio. Addirittura in alcune scuole non é possibile iscrivere il bambino solo al mattino perché non riescono a raggiungere il numero minimo per formare una classe.
  7. Il portoghese é una lingua neolatina, e come tale tutti pensano che sia molto facile per un italiano impararla, almeno quanto lo spagnolo. A detta di tutti gli italiani che ho conosciuto, invece, non é cosí. In particolare la pronuncia rende difficile imparare la lingua.
  8. Nonostante la disinvoltura delle brasiliane nell'abbigliamento, e in particolare l'uso di bikini che non lasciano davvero niente all'immaginazione, il topless é vietato. Ci sono spiagge dove é possibile praticare il nudismo, e quindi anche il topless, ma brasiliane senza la parte superiore del bikini  normalmente non se ne trovano.
  9. Quando si pensa al connubio sport e Brasile, tutti pensano ovviamente al calcio, o al massimo alla capoeira. Ma forse non tutti sanno che ci sono altri sport in cui i brasiliani eccellono. Primo fra tutti la pallavolo, che é il secondo sport praticato dopo il calcio e in cui i brasiliani hanno ottenuto molti risultati. Ma un altro sport molto popolare e in cui i brasiliani eccellono a livello internazionale é il judo.
  10. Quando si pensa alla popolazione brasiliana, si hanno presente sempre i discendenti degli africani. Ma é interessante sapere che in Brasile esiste la maggiore comunitá giapponese fuori del Giappone, come anche il maggior numero di discendenti di italiani (in Brasile se ne contano piú di trenta milioni). Ma nel Paese ci sono anche molti discendenti di altri paesi europei, come tedeschi, polacchi, ucraini. E non mancano neanche i pronipoti dei libanesi.

venerdì 21 novembre 2014

Ospite a sorpresa

Tarantola che fa il bagnetto nella nostra piscina
L'altra sera abbiamo trovato in salotto due tarantole giganti. Qui le chiamano caranguejeiro, quando ne parli fanno spallucce e ti dicono che non sono pericolose piú di tanto, insomma non sono mortali. Ma chi se ne frega se non ti uccidono, ve lo immaginate un ragno enorme e peloso che gironzola in casa vostra?
Io non sono mai stata una con la paura degli insetti, figuriamoci, neanche dei topi, e non é la prima volta che vedo una tartantola da quando sono a Brasilia, ma mai cosí grandi. Una era lí con le zampine in posizione di attacco, e francamente me la sono fatta sotto.
Comunque il vero problema, dicono tutti, é se ti punge uno scorpione, che vive da queste parti anche lui. E se ti punge, guardalo bene, perché ci sono di tre colori diversi, e solo uno é quello mortale. E poi ci sono i serpenti velenosi, tipo il corallo, ma la maggior parte delle volte quello che vedi é un'imitazione non pericolosa.
Bello vivere in un paese tropicale, eh?

giovedì 20 novembre 2014

Razzismo e coscienza nera

Uno dei tanti luoghi comuni che esistono riguardo al Brasile, è che qui il razzismo non esiste. È vero che per un italiano colpisce la mescolanza delle razze che caratterizza questo Paese. Ma ciò non significa necessariamente assenza di razzismo, altrimenti non si spiegherebbe perché oggi, 20 novembre, si celebra il giorno della coscienza nera. Il motivo ufficiale di questa ricorrenza è sottolineare l'importanza del contributo della cultura afro-brasiliana rispetto alla societá. Ma nella realtà la societá brasiliana non è il perfetto modello di integrazione cui si pensa oltreoceano.

Innanzitutto perché il 20 novembre? In questa data, nel 1695, é stato decapitato Zumbi dos Palmares, diventato simbolo della lotta contro la schiavitú dei discendenti di africani arrivati in Brasile come schiavi.


Ma chi era Zumbi dos Palmares? All'epoca i neri erano ancora in stato di schiavitú (in Brasile la schiavitú é stata ufficialmente abolita nel 1888), per cui molti di loro fuggivano creando in posti di difficile accesso delle comunitá clandestine, chiamate "quilombos". Nei quilombos venivano create delle vere e proprie societá basate sui costumi del proprio paese di origine. 
Uno dei piú importanti, fu il "Quilombo dos Palmares", situato nell'attuale stato dell'Alagoas, che arrivó a contare migliaia di abitanti. Zumbi, a capo di questo Quilombo, dopo essere stato catturato fu decapitato, e la sua testa mozzata fu esposta nella pubblica piazza a Recife, per disincentivare gli altri schiavi a ribellarsi. Ma Zumbi é diventato un simbolo della resistenza dei neri contro la violenza della schiavitú.

Dopo piú di 300 anni dalla sua morte, peró, in Brasile esiste ancora una discriminazione nei confronti dei neri, che restano comunque i brasiliani con un'aspettativa di vita, un livello di istruzione e un salario medio piú bassi. E la presenza di una forma di discriminazione si evince anche dal fatto che esiste una legge che prevede, per esempio, delle quote per l'accesso alle universitá riservate agli afrodiscendenti.

Ma la piú drammatica discriminazione credo riguardi le morti violente, che giá in Brasile hanno di per sé un numero record:
la maggioranza delle vittime di omicidio infatti sono giovani neri (sotto i 29 anni), come risulta fra l'altro da una ricerca commissionata dal Senato nel 2012.
Le morti violente sono senz'altro legate alle condizioni socio-economiche, che sono appunto in genere inferiori per i neri e i meticci, ma questo mostra un Brasile di gran lunga lontano da una situazione equa e priva di discriminazioni.

martedì 18 novembre 2014

Viaggiare in metropolitana: confronto virtuale fra Roma e Brasilia

Domenica scorsa ho usato per la prima volta la metropolitana qui a Brasilia, e l'ho trovata abbastanza efficiente. Ma era domenica, ed è difficile valutare un servizio che invece dovrebbe facilitare la mobilità soprattutto durante i giorni lavorativi. Comunque mi è venuta la curiosità di dare un'occhiata a un pò di dati, e perché no, di metterli a confronto con una realtà che invece conosco fin troppo bene, quella drammatica del trasporto pubblico romano.
E' un confronto poco onesto, a dire il vero, perché le condizioni delle due città sono così diverse sotto tanti punti di vista che il paragone andrebbe calibrato con vari ma. Io però in fin dei conti non ho alcuna pretesa di scientificità, mi divertiva semplicemente creare un "ponte" tra queste due capitali dalla distanza, è proprio il caso di dirlo, oceanica.
Intanto mi ha sorpreso vedere che Roma e Brasilia si equivalgono per quanto riguarda il numero di abitanti, ma solo se si fa riferimento alla città in senso stretto, perché se si estende lo sguardo all'area metropolitana, Roma é di gran lunga piú popolosa (e questo dato sicuramente non aiuta la mobilitá nella città capitolina).
le 2 linee di Brasilia
A Roma, come si sa, è stato appena inaugurato un tratto della tanto sospirata linea C, la terza, che si va ad aggiungere alla più antica (la B, con l'estensione della B1), inaugurata nel 1955, e alla linea A, inaugurata invece nel 1980. Brasilia ha invece una sola linea che si biforca da un certo punto in avanti (e che si distingue in linea verde e linea arancione).
Ho abbozzato un sorriso nello scoprire che i lavori per la costruzione della metropolitana di Brasilia sono iniziati nel 1992 e che l'inaugurazione c'è stata solo nel 2001, cioè 7 anni dopo il previsto. In queste cose devo dire che qui in Brasile mi sento a casa.
Per continuare con il paragone, a Roma ci sono quasi il triplo delle stazioni, e l'estensione totale della rete metropolitana è maggiore. Gli orari di funzionamento invece sono pressappoco gli stessi, e il costo del biglietto a Brasilia é di 3 reais (al cambio attuale circa 1 euro) nei giorni feriali, mentre a Roma é 1 euro e mezzo. 
Ma dove davvero il paragone non regge, è nella quantità di persone trasportate in media ogni giorno: a Roma piú di 750 mila, mentre a Brasilia 150 mila. 
In realtá Brasilia é una cittá di recente costruzione, concepita per una mobilitá quasi esclusivamente automobilistica, anche se é evidente che il trasporto pubblico dovrá essere potenziato a causa della crescente popolazione e della conseguente necessitá di permetterne lo spostamento.


sabato 15 novembre 2014

Festa della Repubblica

Oggi si festeggia la Repubblica brasiliana, nata il 15 novembre 1889, data in cui fu deposto l'Imperatore Dom Pedro II. All'epoca, il Brasile aveva acquisito l'indipendenza dal Portogallo già da 67 anni, e vigeva appunto un sistema monarchico.

Con la proclamazione della Repubblica, iniziò quella che viene definita vecchia o prima Repubblica, durata fino al 1930, che è stata definita Repubblica della Spada nei primi 5 anni a causa del predominio dei militari.

Dopo la Repubblica della Spada è iniziata la politica del caffè con latte (questa espressione riferita alla politica, concedetemelo, potevano inventarla solo i brasiliani). Questa politica prende il nome dal fatto che si alternavano alla presidenza coloro che avessero l'appoggio dei paulisti (all'epoca i maggiori produttori di caffè) a quelli favoriti dai mineiros (con un'importante produzione anche di latte). 

Durante i primi anni della vecchia Repubblica, molto influente dal punto di vista elettorale era la figura del coronel, soprattutto nelle regioni dell'interno. Il coronel era un grande fazendeiro, che utilizzava la sua influenza economica affinché fossero eletti i candidati che appoggiava. Questa simpatica figura usava per ottenere i suoi fini la compravendita dei voti, i voti fantasma, lo scambio di favori, le frodi elettorali e persino la violenza. Un modello molto seguito, direi.

G. Vargas, detto il "Padre dei poveri"
Nel 1930 è iniziata invece l'Era Vargas, cioè la dittatura populista di Getulio Vargas, durata fino al 1945, personaggio controverso, tanto da essere rieletto democraticamente nel 1951. Il suo mandato durò fino al suo suicidio, nel 1954, in occasione del quale lasciò una lettera con su scritto: "Esco dalla vita per entrare nella storia".

Seguono poi due presidenti eletti democraticamente, Jucelino Kubitschek e Joao Goulart, ma quest'ultimo viene deposto dai militari (1964).

La dittatura militare dura dal 1964 al 1985.


mercoledì 12 novembre 2014

Attenzione ai falsi amici

Gli italiani che vengono in Brasile e sono alle prime armi con il portoghese, rischiano dei qui pro quo a causa dei falsi amici, cioé di quelle parole apparentemente uguali ma che assumono nelle due lingue significati diversi. 

Se per esempio ad un grazie (obrigado) rispondete educatamente prego, il vostro interlocutore vi guarderá con una strana espressione, perché gli avrete detto chiodo (potete invece fare un figurone buttando lí un "de nada", ma ricordate che "de" qui si pronuncia "gi").
Se entrate in un bar e chiedete della birra, starete chiedendo capricci (sí, quelli che fanno i bambini: ma chi sarebbe cosí pazzo da volerne?!?). Non dite poi a nessuno con cui avete una discussione animata e di cui volete placare l'animo, "bravo", perché gli state dicendo che é arrabbiato (bella scoperta!).
Se avete bisogno di cercare una cosa, non portoghesizzate il termine italiano dicendo cercar, perché i brasiliani capiranno recintare. E lo stesso vale per il verbo guardar, che sta per mettere via. 
Ricordate che la posta in Brasile si chiama correio, mentre al supermercato potete trovare una "posta" di pesce (trancio). E se, giá che siete al supermercato, vi serve del burro, chiedete dove potete trovare la "manteiga", perché burro in Brasile significa asino.
Con il termine "reprovar" loro intendono dire respingere, bocciare o disapprovare, e non "tenta di nuovo sarai piú fortunato". 
Infine prima o poi, vi avviso, vi troverete davanti un'insegna con la scritta "fica aberta 24 h": chiaro che vi susciterá un sorriso, ma tenete presente che qui il termine "ficar" si usa tantissimo, per dire, come in questo caso, resta, ma anche diventa, o sta. 
E a proposito di falsi amici, occhio a chi vi dice "deixa comigo", cioé "ci penso io"...potrebbe essere uno che vi vuole fregare...

lunedì 10 novembre 2014

Il tè in Brasile: poco ma buono (per ricevere regali)

Ebbene sì, pur lontani dalle fredde latitudini inglesi, anche in Brasile si usa il tè (chà). Ma non tutti i giorni alle 5, ci mancherebbe. Il Brasile resta uno dei Paesi al mondo con il minor consumo pro-capite di questa bevanda. Con il caldo che fa, il tè è solo un pretesto (uno dei tanti) per festeggiare un evento, anzi, l’attesa di un evento, ed il suo ruolo si limita a rientrare (ma non necessariamente) nel menù offerto per l'occasione. 

Il tè più popolare é quello di bebè (“chà de bebè”, o più propriamente “chà de fralda”): prima della nascita di un bambino, si fa una festicciola in cui le amiche della futura mamma portano in dono una quantità abnorme di pannolini (fralda, appunto), o in alternativa dei regali per il nascituro. I genitori per l'occasione possono anche preparare una vera e propria lista da cui attingere. Un’idea utile, anche se ogni volta che ci penso mi chiedo: ma dove verranno immagazzinati tutti sti pannolini?

L’altro tè che si usa è lo “chà de panela”. Il concetto è come quello alla base della nostra lista di nozze, ovvero quello di regalare alla coppia degli oggetti utili per la casa. Qui però si tratta di un rendez-vous, in genere con le amiche della sposa, le quali portano direttamente a casa dei futuri sposi i gentili omaggi poco prima del lieto evento. 

Se poi una coppia ha una convivenza già collaudata, con tanto di casa montata, l’alternativa è lo “chà de lingerie”. Qui le amiche della sposa possono scatenarsi regalandole indumenti intimi, e la prima notte di nozze potrebbe trasformarsi in una vera e propria sfilata di lingerie. :) 

Comunque, vista la passione dei brasiliani per le feste, non rinunciano neanche all’addio al nubilato/celibato, che qui si chiama “despedidas dos namorados” (letteralmente, saluto dei fidanzati).


sabato 8 novembre 2014

I miserabili

Sembra un termine che possa rievocare solo il celeberrimo romanzo di Victor Hugo, e invece qui in Brasile è attualità. Tre giorni fa infatti è stato divulgato il risultato di una ricerca dell'IPEA  (Instituto de Pesquisa Economica Aplicada), secondo cui la categoria dei miserabili, dopo essere diminuita negli ultimi 10 anni, ha ricominciato ad aumentare. Notizia post-elettorale, ovviamente, a detrazione di Dilma. Si tratta, comunque, di quasi 10 milioni e mezzo di persone che non guadagnano abbastanza da potersi permettere un "paniere basico", cioè un certo quantitativo di alimenti che assicura il sostentamento minimo (la ricerca si basa sulle raccomandazioni di FAO ed OMS).

In compenso, la categoria successiva, quella dei poveri, coloro cioè che arrivano ad un reddito mensile uguale o inferiore a 255 reais (più o meno 85 euro), è scesa a meno di 29 milioni di anime (in realtà, negli ultimi 10 anni i poveri si sarebbero addirittura dimezzati).

Personalmente mi ha colpito molto questa distinzione. L'ho sentita per la prima volta a Salvador, da un italo-francese che si era trasferito lì a seguito della moglie bahiana. Io fino ad allora avevo immaginato che i più poveri in Brasile fossero gli abitanti delle tanto famigerate favelas. E invece no. Tutto sommato pare che quelli non se la passino poi così male. Hanno un tetto (non stiamo qui a giudicarne la qualità, ma pur sempre di tetto si tratta) e mangiano. Tanto basta per non classificarli come miserabili.

I poveri brasiliani, poi, sono anche loro di diverso tipo. C'è il povero, appunto, delle favelas. Ma c'è anche quello dell'interior, cioè tutta quella parte della popolazione che vive lontana dalla costa (la stragrande maggioranza dei poveri, comunque, è concentrata nel Nordest). E poi ci sono i poveri che non sono considerati tali dalle statistiche ufficiali, ma si considerano appartenenti alla categoria. Sono quelli che gravitano attorno alle grandi metropoli, che hanno un tetto spesso dignitoso e mangiano abbastanza (alcuni si permettono addirittura il lusso di avere un'automobile), ma che fanno dei lavori "umili" e quindi poco retribuiti (in Brasile il salario minimo si aggira attorno ai 700 reais, con piccole variazioni a seconda dello stato): è la schiera delle donne di servizio che si muovono all'unisono la mattina presto per raggiungere le case dei ricchi, sono i portieri, che fanno la guardia nei condomini chiusi o nei palazzi con servizio di portineria 24 ore, sono i giardinieri, i manovali, etc. Queste persone guadagnano un reddito che gli permette di sopravvivere, ma per loro comprare qualcosa in più (tipo la lavatrice o cose simili) significa indebitarsi. Questi poveri sono comunque quelli che hanno una possibilità di evolversi socialmente, o se non altro di farlo fare ai propri figli, dando loro la possibilità di studiare ed aspirare quindi ad un lavoro più qualificato (e meglio retribuito).

Il vero punto, però, è che il Brasile non è un Paese povero, ma un Paese con molti poveri. E infatti qui i ricchi non mancano affatto. Anzi, quando sono arrivata mi ha colpito subito una certa ostentazione di ricchezza (vedevo circolare molti SUV e ho visto tante ville), che tanto strideva con l'immagine del Brasile che avevo all'epoca. Insomma, il vero problema qui resta la diseguaglianza sociale: la torta è grande, ma a spartirsi la fetta maggiore sono in pochi.

venerdì 7 novembre 2014

al primo post

Ho deciso di scrivere questo blog perché vivo in Brasile da 4 anni, e molti italiani che ho incontrato in questo periodo mi hanno chiesto, con occhi luccicanti e speranzosi, come se si aspettassero racconti di chissà quali meraviglie in agguato dall'altra parte dell'oceano: ma com'è il Brasile? E nello stesso periodo, mi sono sentita spesso chiedere dai brasiliani: come ti trovi in Brasile? Domande, entrambe, più che legittime, solo che ogni volta mi sento parecchio in difficoltà a rispondere. Non si può riassumere tutto in una semplice battuta. Né tanto meno in un "bene" o in un "male". Il Brasile è tante cose, ed io sono una, la cui esperienza è limitata. Mi mancano migliaia di posti da esplorare. Non solo geograficamente, ma anche culturalmente, sociologicamente. Però ho vissuto qui abbastanza per capire quanto sia lontano lo stereotipo brasiliano dalla realtà delle cose. Per esempio, ci sono brasiliani che non hanno mai visto il mare, ci sono posti in cui nevica (!!!!), e molte, moltissime donne (e uomini) sono in forte sovrappeso. Certo, ci sono posti da sogno, ragazze da sogno, e il Brasile resta una meta piena di fascino, che sia per svago o per viverci. Ma chi non va oltre il poster non vedrá mai cosa c'é oltre il sogno.


Sul web, fra l'altro, girano migliaia di commenti sul Brasile. C'è chi lo osanna, e chi lo denigra. Io a volte odio vivere qui. Colpa della saudade, immagino. Altre volte mi sento molto fortunata ad avere avuto la possibilità di conoscere un pezzetto dell'altro mondo. La mia voce, semplicemente, si aggiunge a tutte le altre, senza alcuna pretesa di spiegare com'è questo Paese, solo per rispondere, nel modo piú sincero ed esaustivo possibile, a chi davvero vuole sapere com'é il Brasile. Secondo me, ovviamente.

Quindi um seja bemvindo a tutti quelli che si trovano a clickare da queste parti!