lunedì 18 aprile 2016

Ciao Dilma

Vivendo in Brasile non posso far finta che ieri non sia successo nulla. Pur non avendo la TV, negli ultimi tempi si respirava un clima di tensione e di attesa. Soprattutto sabato, la città era meno in fermento, come se tutto il popolo brasiliano fosse con il fiato sospeso. Moltissime macchine se ne andavano in giro con le scritte più varie auspicando l'imminente cacciata di Dilma, il primo presidente donna del Brasile. "Tschau querida", portava scritto sulla sua bici ieri mattina un signore attempato, che portava in giro quello slogan con un sorrisetto beffardo. Molti si sono limitati ad esporre la bandiera del Brasile, come se il futuro e l'identità del Paese fossero il risultato della defenestrazione della Presidente cattiva. E poi, soprattutto, i fuochi d'artificio, ieri sera, dopo il voto. Festa, in puro stile brasiliano.

Nessuna sorpresa, comunque, perché che la camera avrebbe votato a favore dell'impeachment lo sapevano ormai tutti. Ed anche se l'iter si concluderà solo con il voto del Senato, sembra che non ci siano margini per una marcia indietro. Ma cosa ha fatto Dilma? In realtà l'accusa sembra più una scusa, visto che la Rousseff è accusata di aver commesso un crimine cosiddetto di "responsabilità": ha contrattato illegalmente crediti aggiuntivi con la banca pubblica al fine di finanziare i piani di governo, senza far comparire il buco nel bilancio. Niente che non sia già stato fatto dai suoi predecessori. Ciò non toglie che i compagni di partito di Dilma sono stati senz'altro protagonisti della tangetopoli verdeoro, il più famoso fra tutti proprio l'ex presidente Lula. Ma è evidente invece che il vero motivo per cui i detrattori dell'erede di Lula vogliono disfarsi della Rousseff sono politici. In Brasile il voto di sfiducia non è previsto, e quindi gli oppositori si sono attaccati all'impeachment. La verità è che moltissimi brasiliani si sentono delusi dal PT (Partido Trabalhador), che non ha impedito che la crisi li facesse riscivolare verso condizioni di vita più simili a quelle precedenti l'avvento di Lula. E i brasiliani delusi si sono quindi allineati a quelli che non si sono mai sentiti rappresentati da Lula e compagnia bella, la classe medio-alta, per essere chiari. Coloro che grazie alle politiche di Lula si sono affacciati entusiasticamente al balcone del consumismo, ora devono tornare a guardare le loro vite da dentro le proprie modeste abitazioni. E questo, a quanto pare, è difficile da mandar giù.
Formalmente parlando, dopo che il procedimento di impeachment avrà concluso definitivamente il suo iter, sarà il Vice Presidente Michel Temer ad assumere l'interim in attesa di nuove elezioni. Anche Temer, però, rischia di essere sottoposto alla stessa procedura che sta mettendo da parte Dilma, e in tal caso Eduardo Cunha, attuale Presidente del Congresso, si troverebbe ad assumere la carica più alta del gigante sudamericano. E proprio qui risiede l'assurdo, perché Cunha è coinvolto in numerosi procedimenti giudiziari per presunta corruzione. Il che fa pensare, a voler dare ragione alla povera Dilma, che in realtà il voto di ieri non è altro che un "golpe bianco", cioè senza spargimento di sangue (e meno male, almeno questo). Lungi da me pensare che ci siano in questa storia dei buoni e dei cattivi, ma cacciare via l'attuale Presidente per sostituirla con qualcuno marcio fino al midollo, mi puzza un pò tanto di copertura di qualcosa di diverso. Un modo un tantino originale di porre fine al regno di Lula ed eredi, visto che il PT occupa quell'ambita poltrona ormai da 14 anni.
Sarà un bene o un male per il Brasile? Questo io non sono in grado di giudicarlo. Ma a naso non mi sembra di buon auspicio il metodo scelto per cambiare le cose. Sembra più una partita a Risiko in cui ci si sfida per accaparrarsi il maggior numero di carri armati. Certo è sconcertante sentire un deputato che dichiarando il proprio voto a favore dell'impeachment lo dedica ad uno dei torturatori della dittatura (Dilma, qualora qualcuno non lo sapesse, è stata una guerrigliera comunista, all'epoca oggetto di tortura). "Per fortuna", un altro deputato ha reagito sputandogli addosso (e mi sembra il minimo).
E il futuro del popolo brasiliano? Sicuramente c'è in gioco soprattutto quello, come sembrano credere molti, ma non credo che i protagonisti di questi giorni se ne preoccupino poi troppo.

A margine di questa svolta epocale nella storia del Brasile, come italiana non riesco a non fare qualche collegamento con il Belpaese. Innanzitutto anche in Italia ieri c'è stata una giornata di votazioni, anche se a casa nostra si trattava di un referendum. Mi viene un pò di tristezza a vedere quanta differenza di partecipazione ci sia stata nei due paesi. Qui l'atmosfera era quasi paragonabile a quella dei mondiali, con una quantità incredibile di persone scese in piazza, pro e contro Dilma (e con tanto di maxischermi dislocati nelle piazze delle principali città). Non era il popolo a votare direttamente, ma il popolo si è fatto sentire. In Italia invece la gente nella maggior parte dei casi ha preferito farsi i fatti suoi, come se la questione posta dal referendum non riguardasse tutti. Non c'è stata adeguata informazione, certo, ma forse non ci si è neanche voluti informare. E' il tipico atteggiamento disincantato che ormai sembriamo avere noi italiani di fronte alla politica, e anche se il brasiliano medio in questo campo ha uno slancio che ha un non so che di ingenuo, non so chi stia meglio. D'altronde se qui è preoccupante la presenza in parlamento di un deputato che omaggia un torturatore, il nostro parlamento pullula di loschi individui che non credo abbiano un'ideologia tanto lontana da quel brasiliano, oltre al fatto che da noi un deputato non si fa problemi a sbeffeggiare chi è andato a votare al referendum con un simpatico "ciaone". L'ultima cosa che mi viene in mente è il parallelismo fra il lava-jato brasiliano e le mani pulite nostrane. A parte l'ovvia considerazione che qui le cose avvengono con una ventina di anni di ritardo rispetto all'Italia, fa impressione vedere quanto in Brasile ci si preoccupi meno dell'apparenza, il che non è necessariamente un male.