venerdì 29 maggio 2015

Ma com'è bello vivere in Brasile

Quando si pensa al Brasile vengono sempre in mente le spiagge, il samba, il sedere delle brasiliane e il cocco. Il sogno di tutti insomma, o quasi. Ma il Brasile è un sogno o i sogni aiutano a vivere in Brasile?
L'aspettativa di vita di un brasiliano è di 74,9 anni (Fonte: IBGE, dati del 2013), in crescita come in tutti i Paesi del terzo mondo. Bene. Ma com'è vivere in Brasile? Personalmente trovo che qui, pur essendoci dei lati positivi, la qualità della vita sia troppo bassa, al di là delle differenze presenti fra le varie parti di questo enorme Paese. Ecco alcune considerazioni rubate al quotidiano.

L'eternit è usato quasi ovunque, dai parchi giochi per i bambini alle ville di lusso, figuriamoci nelle favelas. All'operaio che lo stava per mettere sul tetto di casa mia (ahimé, è la
proprietaria che decide) ho fatto notare che è pericoloso, e lui ha sottolineato che lo è solo quando lo si taglia. Accidenti, ho pensato, questo è informato. Peccato che subito dopo l'abbia visto tagliare l'eternit con il frullino senza nessun tipo di protezione. E' appena il caso di ricordare che in Italia l'uso di questo materiale è vietato da circa 20 anni. E l'eternit è solo un esempio di una scarsa attenzione all'ambiente e al diritto alla salute che ho riscontrato qui in Brasile.

L'alimentazione è pessima, più della metà della popolazione è in sovrappeso e, tradizioni culinarie a parte, mangiare sano costa molto, troppo. Il transgenico sta invadendo il mercato sempre di più, e recentemente la Camera ha approvato un progetto di legge che toglie l'obbligatorietà del simbolo che indica quali sono i prodotti OGM (vedi OGM: c'è ma non si vede). Il progetto è ora approdato in Senato, dove con ogni probabilità diventerà legge, per gentile omaggio alle multinazionali del transgenico.

Vogliamo parlare dell'acqua? In alcune zone (vedi San Paolo) è già da un pezzo che tolgono l'acqua per alcune ore al giorno...e le previsioni per il futuro sono tragiche per tutto il Paese (vedi la crisi dell'acqua). Come si può pensare alla qualità della vita se non si ha accesso neanche al bene più elementare?

Si aggiunga all'opera dell'uomo anche la presenza di simpatici animaletti velenosi, dai serpenti ai ragni, per non dire della zanzara che porta la dengue.

Ma il dato più allarmante riguarda le morti violente. In Brasile ne avvengono un numero che per un italiano che non sia cresciuto a Scampia sembra da film dell'orrore. Le morti violente si distinguono in morti ammazzati e morti per incidenti stradali. E in entrambi i casi il Brasile vanta un primato davvero poco desiderabile. Ogni anno si verifica una carneficina di omicidi. "Baleados", la gran parte. E alcuni cercano anche di rassicurarti, dicendoti che queste morti avvengono fra loro, fra bande rivali. Sì sì, molti dei delitti senz'altro sono di questo tipo (ammesso che sia una cosa bella). Ma che dire di tutti quelli che vengono uccisi durante una rapina? Per rubarti la macchina, la bicicletta, il portafogli, o anche in assaltos dentro casa, capita spesso che il rapinatore di turno abbia il grilletto facile, anche senza motivo. L'ultimo omicidio che ha fatto scalpore è avvenuto ai danni di un ciclista sulla pista ciclabile che costeggia la lagoa di Rio de Janeiro, accoltellato a morte perché non si è sbrigato a scendere dalla bicicletta.
Sulle morti a seguito di incidenti stradali ho già scritto un post (vedi caos e morti sulle strade di Brasilia). Qui mi interessa solamente sottolineare che si tratta di decine di migliaia di vittime ogni anno. In particolare qui a Brasilia mi è capitato di vedere una quantità di volte incredibile macchine ribaltate. Per non parlare della pericolosità di attraversare una strada. Mi è successo di attraversare fuori dalle strisce (ok, ero in torto, ma non credo meritassi la pena di morte) e di vedere l'autobus che stava arrivando accelerare. Mi sono spostata appena in tempo per non essere travolta. Un'altra volta ho visto una rissa che è finita sulla corsia preferenziale degli autobus. Mentre i tipi se le davano di santa ragione è arrivato un autobus, e l'autista senza fare una piega ha accelerato. Anche quella volta i facinorosi hanno fatto appena in tempo a spostarsi.

In generale, comunque, vivendo qui mi sembra di capire che la violenza faccia parte della vita dei brasiliani (non di tutti, chiaro, ma di molti). Non sempre l'epilogo è un omicidio, ma violenza domestica, abusi sessuali e quant'altro non sono tanto eccezionali.
E violenza a parte, la scarsa attenzione alla vita umana si riflette anche in altri ambiti, dove le morti sono meno dirette, ma ci sono.  Basta dare uno sguardo alla sanità, sia pubblica che privata. Troppo spesso avere o non avere i soldi per curarsi determina la guarigione o il decesso del paziente. E proprio ieri leggevo ad esempio un articolo in cui si parla dell'alta percentuale di donne che muoiono di parto (vedi http://agenciabrasil.ebc.com.br).

La scarsa qualità della vita è comunque legata in modo feroce a quanto denaro si ha. Certo, questo è vero dappertutto, ma in Brasile più che altrove. Perché costa tutto troppo caro, soprattutto comparato ai salari dei poveri (che sono tanti, tantissimi). Costa curarsi, costa mangiare bene, costa vivere in una casa (e in una zona) decente, costa dare un'istruzione adeguata ai propri figli.

Anch'io ho sognato il Brasile. Poi ci ho vissuto.


venerdì 8 maggio 2015

Romero Britto, quando l'arte diventa business


Probabilmente il nome Romero Britto non è così famoso, ma basta dare un'occhiata ad una sua opera per riconoscere quel suo stile inconfondibile. 
Ma chi è Romero Britto? Pittore, scultore, serigrafo, ma anche ideatore di loghi, mobili, costumi e edizioni speciali di prodotti, c'è addirittura chi lo definisce il più grande artista pop vivente.
Britto è nato in Brasile, Recife (Stato del Pernambuco), 51 anni fa, ma vive a Miami, negli Stati Uniti, ormai da 30 anni. Le sue opere sono colorate, immediate, popolari, appunto, ed è proprio l'obiettivo che l'artista si propone, quello di raggiungere tutti, di dare messaggi che non hanno bisogno di essere interpretati. La sua arte si avvicina talmente tanto al messaggio pubblicitario da prestarsi appunto a diverse aziende famosissime che gli hanno commissionato dei lavori per promuovere i propri prodotti. Britto si è affermato sulla scena internazionale proprio dopo essere stato chiamato per disegnare l'etichetta per una campagna pubblicitaria da Absolut Vodka, dopodiché i suoi lavori sono stati commissionati da importantissime imprese, come la Disney, la Evian, la BMW, la Pepsi, fra le altre.
Ed il suo stile rende così bene commercialmente da essere sfruttato anche in assenza di commissione, per cui l'artista brasiliano ha già intentato una lunga serie di cause per plagio (si parla di più di trecento!), l'ultima delle quali contro la Apple. La somiglianza con le immagini di Britto sarebbe infatti in questo caso così alta da aver scomodato anche i collezionisti.

Famosissimi sono anche i ritratti che Romero Britto ha realizzato per celebrità di qualsiasi tipo, nel mondo dello spettacolo, dello sport, della politica: ha spaziato da Madonna a Neymar, dall'attuale Presidente brasiliana al Dalai Lama, passando per Michael Jackson e Lady Diana. L'ultimo ritratto in ordine di tempo è quello a Sylvester Stallone, il quale ha pubblicato sul proprio profilo facebook una foto che lo immortala con l'opera dell'artista brasiliano ringraziandolo pubblicamente.

Ma l'attitudine popolare di Britto non si ferma qui: basta fare un giretto sul suo sito ufficiale per trovare una gran quantità di prodotti ideati dall'artista per essere venduti, piccoli gadget che possono essere acquistati direttamente online da chiunque, trasformando la sua arte in un vero e proprio business. Navigare per credere:
http://www.britto.com/

lunedì 4 maggio 2015

Hoje eu quero voltar sozinho

Ed eccomi di nuovo a parlare di cinema. Hoje eu quero voltar sozinho è un film brasiliano carino che ho visto un pò di tempo fa. Si tratta del primo, e per ora unico, lungometraggio del giovane regista Daniel Ribeiro, che ha come protagonista un adolescente cieco, Leo. 

Il film mostra la quotidianità di un ragazzo “diverso”, limitato più dalla paura degli altri, i genitori in primis, che dal suo handicap. Leo è in realtà un adolescente come tutti, che sente la frustrazione di avere dei limiti imposti dagli altri. L’arrivo nella sua classe di Gabriel, non fa che assecondare questa spinta verso una nuova vita, una maggiore indipendenza. E così, insieme al suo nuovo amico, Leo scopre cos’è un’eclissi, condivide un film al cinema, impara a ballare, tutto ovviamente in un modo meno ortodosso rispetto ai propri coetanei, ma non meno appagante. Ogni conquista ha anzi un sapore più intenso, più inaspettato. E fa parte di questo percorso anche la scoperta della propria sessualità: fra Leo e Gabriel infatti nasce un’attrazione fisica insospettata all’inizio del film. E così il tema della diversità legata all'handicap del protagonista, si arricchisce di un nuovo aspetto, quello dell'omosessualità.
Di questa pellicola ho apprezzato intanto il fatto di uscire fuori dal solito cliché di una realtà brasiliana fatta solo di favelas, violenza e povertà (anche se, per carità, questi sono aspetti profondamente presenti in questo Paese). La storia è ambientata a San Paolo, in un quartiere tranquillo e con persone che conducono un tipo di vita che potrebbe essere in qualunque città del mondo occidentale. E poi mi è piaciuta la freschezza con cui viene rappresentato il protagonista, la sua diversità, anzi le sue diversità, presentate una volta tanto non come problemi che lo lacerano, bensì come dati di fatto della sua realtà, “che è sempre stata così”, per citare una frase di Leo. 
Insomma consiglio la visione di questo film, che fra l'altro ha vinto il premio FIPRESCI come miglior lungometraggio della sezione “Panorama” e il Teddy Award come miglior lungometraggio a tematica LGBT al Festival Internazionale del cinema di Berlino.

In attesa del secondo film di Daniel Ribeiro, buona visione!